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Lenin lettore di Marx

Gianni Fresu, Lenin lettore di Marx
La città del Sole editore, Napoli, 2008, pp. 254
Recensione di Andrea Comincini – su «Recensioni Filosofiche», n. 38, aprile 2009

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Dopo la caduta del muro di Berlino e la recente sconfitta italiana della sinistra comunista, molti studiosi ed intellettuali si sono interrogati sulle fondamenta teoriche di una azione politica volta a sovvertire l’ordine attuale del sistema. Il nuovo libro di Gianni Fresu, esperto di Gramsci ed attento conoscitore delle dinamiche del movimento operaio, ha come obiettivo quello di raccogliere le testimonianze filosofiche nate dal seme fertile della dottrina di Marx e di seguirne l’evoluzione attraverso la Seconda e la Terza Internazionale, fino a giudicarne l’efficacia teoretica e tattica. Il titolo del libro non definisce appieno l’intenso lavoro svolto, poiché l’autore non si confronta soltanto con Lenin, ma anche con gli esponenti più illustri del movimento comunista, fra cui Bernstein, Luxemburg, Kautsky ecc. Chiarificatore è invece il sottotitolo – ovvero “dialettica e determinismo nella storia del movimento operaio” – in quanto delinea maggiormente il terreno nel quale Fresu si è cimentato, accompagnando il lettore nella direzione di una analisi ampia e dettagliata. Nucleo centrale del suo lavoro, infatti, è determinare il più chiaramente possibile le complesse e varie posizioni del socialismo assunte innanzi ai drammatici eventi nati prima e dopo la Rivoluzione d’Ottobre. In un contesto internazionale angosciante, con una guerra mondiale alle porte, la caduta dello Zar, la vecchia Europa scossa e frastornata, è innegabile che il movimento socialista dovette fare scelte tattiche difficilissime, pena la sconfitta su tutti i fronti. Fresu comincia la sua analisi partendo da questo quadro generale e analizza le posizioni revisioniste di Bernstein o di Kautsky, imputando loro sostanzialmente di contenere in sé ancora un certo idealismo borghese o una mancata comprensione del marxismo. Molto chiara per esempio è la dimostrazione della confusione di Kautsky a proposito dei concetti di capitale finanziario ed industriale, la quale in definitiva lo spinge su posizioni interventiste e quindi ad evidenziare quanto un limite teorico possa incidere sulla sfera politica. La disamina ovviamente è complessa ed avvincente, poiché si avvale di un gran numero di documenti, nonché dei testi di Marx medesimo, ed è preferibile rimandare il lettore ad un diretto confronto con i testi per non concedere troppo a eccessive semplificazioni. Da sottolineare invece l’abilità stilistica dello scrittore e la vocazione sistematica, a tratti didattica, capaci di render l’opera facilmente comprensibile e mai pedante: Fresu coglie nell’essenza le incongruenze del pensiero revisionista o di chi dall’ortodossia passò in seguito a posizioni più moderate, perché sa leggere nella realtà le deviazioni e le sconfitte che queste interpretazioni portarono.

Fondamentale a proposito è afferrare quanto il nostro autore considera centrale, ovvero comprendere il legame tra teoria e politica, tra rivoluzione e dialetticità degli eventi, tra spontaneismo ed organizzazione. Questi ultimi termini tracciano il confine della sua ricerca, delineando infine la tesi principale del saggio, ovvero l’assoluta superiorità intellettuale di Lenin nel comprendere il marxismo e nell’applicarlo adeguatamente. Lenin lettore di Marx, in definitiva, sostiene l’idea che il testamento spirituale del filosofo tedesco fu pienamente ereditato e compreso pressoché esclusivamente dal rivoluzionario russo. La seconda parte del testo, dopo aver sottolineato le deficienze interpretative di personaggi seppur grandi, tende a stabilire quanto prima accennato: la comprensione, in quel determinato momento storico, della soluzione politico-filosofica tatticamente più opportuna, ha reso Lenin vincitore assoluto. Non si trattò infatti di una vittoria solamente tattica, politica, ma innanzitutto teorica. Di più: secondo Fresu, fu proprio grazie a tale superiorità intellettuale che l’azione si rivelò vincente. Teoria e prassi diventano in Lenin un tutt’uno, e trovano la loro forma nella organizzazione del partito. Senza voler ricordare l’importanza della funzione dei Soviet per il rivoluzionario russo, credo sia utile riportare uno dei titoli scelti da Fresu per l’apertura di un capitolo centrale, ovvero: “Dateci una organizzazione e capovolgeremo la Russia” (p. 111). La frase naturalmente è di Lenin, e sta ad indicare quel legame indissolubile che in un marxista dovrebbe sempre esser chiaro, ma anche il contesto profondamente e temporalmente circoscritto dal quale l’espressione trovò sostegno. Altro elemento centrale nella lettura di Lenin offerta da Fresu è la contestualizzazione necessaria del marxismo ai problemi emersi in seno alla società stessa, in precisi momenti storici. Il rimprovero del russo ai suoi avversari fu l’aver frainteso lo stretto, inestricabile legame della teoria con le vicende a cui si rivolge: il marxismo, per Lenin, quando cade in un indeterminato appello ai buoni sentimenti e a vacue speculazioni, nega una reale comprensione degli eventi, quindi mina le basi per una rivoluzione vittoriosa. L’estremismo malattia infantile del comunismo, oppure Che fare?, rivelano tale disposizione intellettuale e politica. Fresu insiste molto a proposito per giungere in definitiva a delineare l’ambito filosofico donde questa visione prende forma. L’ultima parte del libro, veramente interessante e consigliabile, spiega l’approccio alla dottrina marxista partendo dagli scritti principali del russo e rivela una profonda intelligenza per le questioni teoriche e non soltanto politiche. Lenin, sottolinea Fresu, è una figura centrale non solamente poiché sa evidenziare gli aspetti fondamentali del Marx filosofo, ma soprattutto perché sa indicare ai socialisti di oggi gli errori commessi e le radici di tali sbagli. Se tentiamo di interpretare gli eventi odierni, mi sembra che la lettura proposta da Fresu non sia soltanto acuta e pertinente, ma definisca correttamente la grandezza del rivoluzionario. I movimenti no global contemporanei, privi di una solida organizzazione, perdono la loro incisività e sembrano dar credito allo sforzo di Lenin nell’inserire la rivoluzione dentro un concreto quadro dialettico in grado di ottimizzare gli intenti. Lo stile semplice ma efficace rende il lavoro non solo interessante per gli specialisti, ma anche per il lettore comune che desidera “sovvertire il fallimento del presente” – come dice Žižek in un suo libro anch’esso dedicato a Lenin – e provare a tracciare le linee guida di un nuovo socialismo del XXI secolo.

Professore di Filosofia politica presso la Universidade Federal de Uberlândia (MG/Brasil), Dottore di ricerca in filosofia Università degli studi di Urbino. Ricercatore Università di Cagliari.