BEGIN TYPING YOUR SEARCH ABOVE AND PRESS RETURN TO SEARCH. PRESS ESC TO CANCEL

Il Risorgimento, l’occasione fallita

Il Risorgimento, l’occasione fallita

Nei Quaderni del carcere viene analizzata la storia d’Italia

Martedì 28 aprile 2009
Il sesto volume in uscita domani contiene il Quaderno 9 nel quale Gramsci delinea la struttura della sua ricerca sul Risorgimento italiano, poi sviluppata in dettaglio nel resto dell’opera. Qui vengono ipotizzati due lavori distinti: uno specifico sull’Età del Risorgimento e uno di introduzione al tema, costituito da una raccolta di saggi sulle diverse fasi della storia mondiale e le ripercussioni di questa sulla storia italiana. Il periodo storico compreso è molto vasto: dalla caduta dell’Impero romano al Medio Evo; dall’Età del mercantilismo e delle monarchie assolute all’Età liberale. Nel riconsiderare il Risorgimento Gramsci si pone l’obiettivo di distruggere le «concezioni antiquate, retoriche» e oleografiche della storia nazionale. L’intellettuale sardo individua i limiti essenziali della realtà politica e sociale italiana, compreso l’avvento del fascismo, entro la cornice di una debolezza congenita delle sue classi dirigenti. Limiti che affondano le radici indietro nel tempo, ben prima dell’Ottocento, nell’arresto dello sviluppo capitalistico della civiltà comunale, nella natura cosmopolita dei suoi ceti intellettuali, nella mancata formazione di uno Stato unitario moderno, prima che una serie di coincidenze internazionali consentissero tale processo.
La pretesa di concepire e presentare il Risorgimento come fatto essenzialmente italiano tradiva il provincialismo e la poca attendibilità scientifica di tanta parte della storiografia italiana. Il concetto di “personalità nazionale” era cioè una mera astrazione se considerata al di fuori dei rapporti internazionali. Il Risorgimento non potrebbe spiegarsi senza tenere conto dei mutamenti che si producono negli equilibri europei tra Settecento e Ottocento, della rivoluzione francese, della diffusione dei principi universali del liberalismo. Le interpretazioni del Risorgimento erano molteplici e disparate, e anche questa “ricchezza” sarebbe stata in realtà un manifesto della debolezza delle forze che lo hanno prodotto, della carenza di elementi sufficientemente nazionali, della mancanza di uno “spirito nazionale popolare”. L’insieme di queste interpretazioni aveva un carattere immediatamente politico e non storico, oltre ad essere affetta da una certa astrattezza e tendenziosità di fondo. Per l’autore, si trattava di una letteratura che germoglia nelle fasi più acute di crisi politico-sociale, segnate dal distacco tra governanti e governati e dalle paure per i rischi di travolgimento della vita nazionale nei suoi equilibri conservatori.
È in queste condizioni che i ceti intellettuali si prodigano nella riorganizzazione di correnti ideologiche e di forze politiche in crisi. Anche attraverso l’utilizzo strumentale della storia si esercita il dominio politico, ecco perché la cosiddetta ideologia è una tra le più essenziali funzioni di governo. Ecco perché, per Gramsci, ciò che si intende per Stato non va limitato a governo, magistratura e polizia ma esteso al concetto di egemonia sociale e alla funzione politica degli intellettuali e della cultura.
GIANNI FRESU

 

Professore di Filosofia politica presso la Universidade Federal de Uberlândia (MG/Brasil), Dottore di ricerca in filosofia Università degli studi di Urbino. Ricercatore Università di Cagliari.