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Gramsci e l’ammirazione per Goethe

Gramsci e l’ammirazione per Goethe

Il poeta tedesco è una figura molto presente nei Quaderni

Martedì 05 maggio 2009
Il terzo Quaderno di traduzioni, riprodotto nel volume in uscita domani, oltre a proseguire lo studio sui ceppi linguistici di Franz Nikolaus Finck, contiene le traduzioni delle “Conversazioni con Goethe” di Eckermann. Le Conversazioni raccolgono le memorie del grande poeta e scrittore tedesco attraverso i colloqui con il suo segretario Joahn Peter Eckermann. Goethe è stato definito un genio universale per la versatilità del suo estro manifestatosi in diversi campi del sapere, poesia, letteratura, scienza, filosofia. Eckermann tramite i ricordi ne ricostruisce l’universo ideale, il mondo e i valori, fino a tratteggiare un affresco biografico ritenuto uno dei più grandi patrimoni della letteratura occidentale, definito da Niezstche “il miglior libro tedesco mai scritto”.
Goethe è una figura sistematicamente presente nei Quaderni come nelle lettere. Per Gramsci ogni nazione ha un letterato che ne riassume in qualche modo la gloria intellettuale, Shakespeare per l’Inghilterra, Cervantes per la Spagna, Dante per l’Italia, Goethe per la Germania. Tuttavia solo Shakespeare e Goethe possono ritenersi figure intellettuali operanti anche nell’età contemporanea, autori attuali, per la loro capacità “d’insegnare come dei filosofi quello che dobbiamo credere, come poeti quello che dobbiamo intuire (sentire), come uomini quello che dobbiamo fare”. In Goethe Gramsci intravede una forza politico-culturale capace di varcare il suo tempo e imporsi al presente: “solo Goethe è sempre di una certa attualità, perché egli esprime in forma serena e classica ciò che nel Leopardi è ancora torbido romanticismo”.
Si comprende dunque, nel lavoro di traduzione preliminare allo studio dei Quaderni, l’importanza di quest’opera essenziale per comprendere il grande poeta tedesco e rispetto alla quale c’è un ulteriore elemento da tenere in considerazione. La lettura delle Conversazioni con Goethe nella condizione di detenzione accomuna l’esperienza di Gramsci con quella di un grande critico letterario francese vissuto negli stessi anni. Nel Quaderno I Gramsci riporta alcuni stralci delle Impressioni di prigionia di Jacques Rivière, storico editore della “Nouvelle Revue Française”, pubblicate nel 1928 tre anni dopo la sua morte. In esse Rivière raccontava le vessazioni subite durante la prigionia nella prima guerra mondiale, in particolare l’umiliazione patita nel corso di una perquisizione nella sua cella, quando vennero sequestrate le sue poche cose e soprattutto l’unico libro che aveva con sé, appunto le Conversazioni con Goethe.
Gramsci ha trascritto le sensazioni di disperazione e angoscia del francese per lo stato brutale e incerto di una prigionia, vissuta come un’ineliminabile “stretta al cuore”, nella quale si è costantemente esposti a ogni tipo di angheria e la condizione di oppressione fisica e psichica diviene insopportabile.
Un’angoscia condivisa dall’intellettuale sardo che non a caso concluse queste note scrivendo del pianto in carcere “quando l’idea della morte si presenta per la prima volta e si diventa vecchi d’un colpo”.

 

Professore di Filosofia politica presso la Universidade Federal de Uberlândia (MG/Brasil), Dottore di ricerca in filosofia Università degli studi di Urbino. Ricercatore Università di Cagliari.